lunedì, settembre 25, 2006

cassazione/cure senza consenso: paga soltanto l'ASL

cassazione/cure senza consenso: paga soltanto l’ASL

Sulla violazione del consenso informato le responsabilità sono esclusivamente del medico esecutore: lo specialista che ha dettato le prescrizioni non è invece soggetto ad alcun obbligo. Linea dura della III sezione civile della Cassazione nella decisione n. 5444 del 14 marzo scorso, con cui ha confermato la condanna al risarcimento danni a carico di un’azienda sanitaria e della compagnia assicurativa, assolto il professionista esterno e addebitato la colpa esclusivamente all’ospedaliero. Che aveva effettuato un trattamento radioterapico senza spiegare le eventuali conseguenze nocive. Dalle 38 pagine della sentenza emerge un preciso monito: «L’obbligo del consenso informato è a carico del sanitario che, una volta richiesta dal paziente l’esecuzione di un determinato trattamento, decide in piena autonomia di accogliere la richiesta e di darvi corso, a nulla rilevando che l’istanza derivi da una prescrizione di un altro medico ». Motivazione con la quale il collegio del Palazzaccio (presidente Dova, relatore Frasca) ha analizzato la vicenda di una donna affetta da cancro, sottoposta a radioterapia e successivamente deceduta, senza essere stata concretamente edotta sulle controindicazioni. Quando era ancora in vita aveva chiesto il risarcimento al tribunale di Genova che, in primo grado, aveva ritenuto colpevole anche lo specialista che aveva prescritto quella specifica cura. In appello e in Cassazione, il professionista esterno veniva sollevato da qualsiasi risarcimento perché non aveva il compito di spiegare l’esistenza di eventuali conseguenze dannose. A farlo doveva essere il personale in servizio presso la Asl, limitatosi invece a un colloquio nel quale si paventava solo «un rischio di stipsi e non di blocco intestinale », come confermato dal marito della donna. Il nesso causa-effetto tra la terapia radiologica e il decesso della paziente viene addebitato al «deficit di informazione e all’impossibilità del paziente di assentire (o di evitare) il trattamento sanitario con una volontà consapevole ». Sono state riscontrate violazioni agli articoli 13 e 32 della Costituzione sull’inviolabilità della libertà personale e sull’impossibilità di obbligare un individuo a una terapia sanitaria, se non per disposizione di legge. Trasgredito anche l’articolo 33 della legge 833/78 nel quale si impediscono i trattamenti medici contro la volontà del paziente. La donna non venne messa nella condizione di comprendere la presenza di controindicazioni, anche se i terapeuti della Asl, nel ricorso per Cassazione, avevano evidenziato l’assenza di un preciso collegamento tra l’esistenza del consenso informato e l’aggravarsi della malattia. I sanitari dichiaravano di non aver avuto una condotta imprudente o negligente. Corte d’appello di Genova e Cassazione hanno respinto la tesi assolutoria, sostenendo «la responsabilità sotto un profilo diverso, non riconducibile al trattamento (se eseguito correttamente o meno) ma a un fattore - quello del consenso informato - che si inquadra nell’attività di esecuzione del trattamento stesso». Il risarcimento di quasi 400mila euro sarà pagato dalla Asl e dall’assicurazione in favore degli eredi. G.Mast.

Il Sole 24 ore Sanita’ - Aprile 2006